venerdì 7 gennaio 2011

...

un cigno che,sfuggito alla sua gabbia,andava
sfregando con i piedi palmati il pavè secco,
sul suolo scabro il bianco piumaggio trascinava.
Presso un rivo senz' acqua l'uccello aprendo il becco

bagnava nella polvere le ali nervosamente
e diceva,sognando il suo luogo natale:
"Quando cadrai,o acqua ,folgore finalmente
Quando tuonerai?."Vidi,mito strano e fatale,

l'infelice che come l'uomo d'Ovidio al cielo ,
azzurro per crudele ironia,la testa
convulso sollevava a tratti sullo stelo
del collo,come a Dio volgesse una protesta
II

Parigi cambia, e niente la mia malinconia
ha mutato:palazzi nuovi ,pietre , travi,
vecchi sobborghi,tutto per me è allegoria,
e i miei cari ricordi più che rocce son grevi.

Così d'innazi al Louvre c'è un 'ombra che m'opprime:
penso al mio grande cigno,con i suoi gesti strani,
come gli esiliati ridicolo e sublime,
morso da un desiderio che si rinnova invano,

e penso a te,Andromaca,dal seno del tuo sposo
vittima del superbo Pirro finita in sorte,
sopra una vuota tomba in estasi amorosa,
ahimè,vedova d'Ettore, e d'Eleno consorte.

Penso alla negra scarna,dalla tisi corrosa,
nel fango si trascina con sguardo stralunato,
e dietro il grande muro che la bebbia ha levato
cerca i palmizi  assenti dell'Africa grandiosa,

a quelli che han perduto ciò che più non ritorna,
a quelli che le lagrime hanno sempre nutrito
e, come buona lupa,Dolore allatta e forma,
ai magri orfani eguali a fiori risecchiti!

Così nella foresta dove sono esiliato
un antico Ricordo il suo corno suona ora.
E penso ai marinai sopra un'isola obliati,
ai prigionieri, ai vinti ,e ad atri ad altri ancora!

il cigno charles baudelaire

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